Che cos’è una foto oggi?
- È l’icona profilo di whatsapp.
- È la gallery de la Repubblica che accompagna ogni notizia dell’ultim’ora.
- È quella che ritocchi con instagram, carichi su twitter, e condividi su Flickr.
- È una proporzione di pixel, un numero di dpi, una serie di hashtag che la identificano.
- È quella che scatti all’etichetta dell’IKEA per ricordarti il nome e le dimensioni della scrivania che vorresti comprare.
- È quella che posti, commenti, apprezzi e condividi su facebook.
- È lo screen-shot che fai all’ultimo SMS del tuo ex perché quello che ti ha scritto è talmente ridicolo e ti ha fatto talmente sdegnare che lo vuoi commentare in chat con le tue amiche.
- È un “Uffa, non posso fare più foto perché ho la memoria piena“.
Non mi era ancora capitato di riflettere con calma su quanto il digitale abbia preso il sopravvento sulla carta, ma ormai sono passati più di 10 anni e il distacco dal passato si fa sempre più chiaro.
Poi è successo che, dopo anni di fotografia digitale, mi hanno regalato una scatoletta di plastica dai colori fluo e vintage, con obiettivo fish-eye, A-N-A-L-O-G-I-C-A ed un mondo nuovo (o forse vecchio!?) si è aperto davanti a me.
Ho raccolto qui di seguito alcuni tra i commenti più ricorrenti che amici e conoscenti hanno fatto alla sua vista:
- “Il rullino? e come si mette?!”
- “Uhm che carina… Ma dov’è lo schermo?!?…“
- “Dai… com’è colorata, aspetta! <CLICK> Scattato! Dai, vediamo com’è uscita?!” […DOH…]
- “Fatto?!? Di già? No, aspetta fanne un’altra che non ero pronta!“
- “Cioè ma poi per vederla devi stamparla, come si faceva una volta?! cioè proprio come quelle che sono così [gesto con le mani ad indicare una forma rettangolare]…”
- “Ma non conviene mica! Quanto ti costa svilupparle?!“
Alla fine l’ho inserito un rullino e per 36 scatti mi sono chiesta: “Chissà se sono troppo vicina? Chissà se c’è troppa luce? Chissà se avevi gli occhi chiusi? Chissà se avevo tolto il tappo dall’obiettivo? Chissà se si è mosso?“.
E poi l’attesa: quando ho lasciato il rullino per farlo sviluppare e ho dovuto aspettare che fossero pronte le foto.
E subito dopo la delusione: quando ho visto che ne erano venute solo 15 su 36, che alcune di queste 15 erano buie, che avevo speso 7 euro e non avevo un portafoto o un album.
E poi la riflessione: quando ho pensato che durante quei 36 tentativi e quei 5 giorni successivi per lo sviluppo, avevo riassaporato il valore dell’attesa, di agire, investire, mettermi alla prova, rischiare senza avere un riscontro immediato delle mie azioni.
E infine la valutazione che sì, in realtà mi sono affezionata a quella foto sovraesposta, e anche a quella macchia laterale che è l’ombra di un dito disattento sull’obiettivo. Che sì, è vero: per mostrarle in giro, avendo deciso di non scansionarle, le devo portare con me in borsa oppure le posso mostrare agli amici solo se vengono a trovarmi a casa…
E intanto la mia foto preferita l’ho anche incorniciata al posto di una cartolina IKEA…
Ma ancora mi chiedo: che cos’è una foto oggi?